Non mi è ancora chiaro se il senatore Gentile confidi nella corta memoria dei calabresi, se, invece, creda di disporre di un carisma tale da confondere le menti, o se, ancora, sia davvero convinto di certe sue ardite dichiarazioni. Nel riferirsi all’Oragate, Tonino, che ha pontificato anche sull’eticità dei vari partiti (con buona dose di temerarietà) ha detto che da allora è rimasto il “cinghiale ferito che ammazza tutti”, mentre in realtà è stato “un gabbiano assassinato”, del tutto estraneo alla vicenda. Quindi, dimettendosi da sottosegretario, si sarebbe sacrificato per il bene patrio, come, ha sottolineato, nessun politico avrebbe fatto.
Gentile evidentemente sorvola sul fatto che a definirlo “cinghiale ferito” non fu alcuno dei mass media, ma Umberto De Rose, persona legata a lui da vecchia e consolidata intesa, in una telefonata da me registrata, piena di minacce e allusioni da brivido esercitate dal presidente di Fincalabra e nostro ex stampatore per convincere l’allora editore Alfredo Citrigno a farmi togliere la notizia relativa all’indagine aperta sul conto del figlio. In questa conversazione De Rose ribadisce più volte di parlare in nome e per conto del Gentile, si definisce “garante” dell’accorduni proposto: censurare l’articolo in questione in cambio di un atteggiamento più benevolo del senatore e della sua famiglia verso quella dei Citrigno (un tempo amiche e partner in affari, poi diventate nemiche). Come ho più volte ribadito non soltanto esiste l’sms con cui Andrea, il figlio del senatore scrive ad Alfredo che “ha parlato con Umberto (De Rose, ndr) e lo ringrazia “per quello che farà”, ossia farmi togliere la notizia sul suo conto, o ancora l’sms dello stampatore allo stesso “Alfré” per esortarlo a rispondere alle chiamate dei Gentile alle quali non sta rispondendo, ma i tabulati telefonici pubblicati dal Corriere della Calabria documentano numerose chiamate del senatore a “Umbé” il giorno dell’Oragate, una appena un minuto dopo la famosa conversazione del “cinghiale ferito”.
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