Prendi l’arte… gli accordi sono a parte: la denuncia di Bilotti

irene telesio e roberto bilotti consagra colonna rottaLa sua famiglia negli ultimi anni ha donato molte opere d’arte al Comune di Cosenza creando il Mab (Museo all’aperto Bilotti), perché?

«Mio zio Carlo diceva che da ragazzo  quando viveva a Cosenza gli mancava il contatto con l’Arte, anche per questo ha pensato di donare alcune sculture della sua collezione consentendo ai nostri concittadini di vivere la quotidianità tra le espressioni dei massimi artisti del nostro tempo ponendo culturalmente la città a livello di altre importanti realtà urbane: Consagra è in piazza Duomo a Milano e al Parlamento europeo, Manzù davanti l’Onu e così per Dalì, De Chirico e Rotella».

Negli atti stipulati erano presenti clausole che Palazzo dei Bruzi non ha rispettato?

«Il Mab è regolamentato dal protocollo d’intesa tra Carlo Bilotti e il Comune di Cosenza del primo settembre 2004. L’atto prevede l’obbligo per l’amministrazione comunale di stipulare una polizza assicurativa per la conservazione contro i rischi di danneggiamento e ogni atto che ne pregiudichi la manutenzione, la conservazione, la sicurezza e l’integrità, mentre il colonnato di Sacha Sosno rimane ancora mutilato. Per la collocazione delle opere il contratto prevede che debbano rimanere “in perpetuo nei siti” a suo tempo individuati, e che qualsiasi variazione debba essere preventivamente autorizzata per iscritto dal donatore o da un suo erede: non sono stato mai consultato».

Alcune opere di Consagra, però, sono state spostate da piazza Bilotti a via Arabia: potrebbe riprendersi le sculture e chiedere i danni?

«In caso di un solo inadempimento al protocollo del 2004 il Comune ha l’obbligo di riconsegnare le opere al domicilio e di rimborsare al donante, o al fratello, o in sua mancanza a un erede/rappresentante di quest’ultimo, oltre a rifondere tutte le spese sostenute che le parti hanno concordato convenzionalmente in 50mila euro (per ciascuna statua, nda)».

Il Mab ha un comitato scientifico?

«E’ stato istituito con delibera di Giunta n° 64/2007 e ha tra i compiti quello di occuparsi della “manutenzione, la sorveglianza e la tutela in genere” e di “favorire la formazione e la coscienza culturale”. La delibera elenca i dirigenti responsabili e prevede la partecipazione al comitato e a tutte le scelte di natura pratica e scientifica di un rappresentante della famiglia: oggi, invece, ne veniamo esclusi. L’allora amministrazione ci aveva riconosciuto un ruolo scientifico quali operatori culturali, alla pari del Comune di Roma che demanda l’operatività scientifica del Museo Bilotti all’Aranciera di villa Borghese al comitato pubblico/privato di cui faccio parte nell’ambito della Sovrintendenza capitolina; faccio parte del gruppo di lavoro del ministero per i Beni e le Attività culturali e sono uno dei sei giudici del concorso mondiale dell’Unesco… altrove non siamo delegittimati, lo siamo solo nella nostra città, dove non posso contribuire ad operazioni culturali che ho seguito dal nascere ».

Il Comune ha commissionato delle riproduzioni delle statue del Mab, l’ha interpellata?

«L’ho saputo da Giulia Manzù, figlia dello scultore e presidente della Fondazione».

La Fondazione Manzù ha autorizzato questa operazione o il Comune sta pagando per dei falsi?

«Nessuna autorizzazione, Giulia è sorpresa perché le opere del Mab sono ancora soggette alla tutela della legge sul diritto d’autore (70 anni dalla morte dell’artista). Solo dopo tale periodo cadranno in pubblico dominio e la moltiplicazione in copie sarà legittima».

La famiglia Bilotti ha donato cimeli per allestire un museo della città all’interno della Casa delle culture: anche lì ci sono problemi di gestione?

«Il nome “Casa delle culture” dovrebbe indicare un’identità funzionale precisa, invece la “casa” ha una destinazione promiscua: c’è perfino un deposito dei vigili con motorini sequestrati decenni fa! Il multiuso preclude l’accesso ai  finanziamenti europei  per la realizzazione di un progetto museale unitario. Si era convenuto con l’amministrazione di affidare tutto a un comitato scientifico formato dai docenti universitari Petrusewicz, Lombardi Satriani e Cavalcanti, noti antropologi che hanno dato la loro disponibilità  gratuita. Ognuno di loro ha già scritto un testo per il museo, ma la lettera d’incarico non  è mai partita. Con delibera 43/2012 la Giunta ha accettato le donazioni e si è impegnata a “collocare quanto donato in locali prescelti dall’amministrazione per consentire la fruibilità estetica da parte della cittadinanza con carattere di continuità”: quanto entrato con atto pubblico nel patrimonio cittadino deve rispettare tutte le misure di tutela dettate dal Codice dei Beni culturali ed invece il sole e la polvere stanno spaccando le sete, i broccati e i vari tessuti di abiti che dovrebbero essere custoditi in vetrine; la mancanza di idonei contenitori  ha determinato il furto di diversi oggetti antichi; le saltuarie esposizioni temporanee di vario genere non prevedono il ripristino dell’allestimento degli oggetti, che vengono ammassati senza criterio in spregio a tutto. Alcuni donatori hanno chiesto il ritiro del pianoforte sul quale Rendano ha elaborato il terzo pedale tonale, noto in tutto il mondo come “rendanò”, così come i cimeli garibaldini e gli abiti d’epoca».

E c’è anche chi ha rinunciato a donare, come gli eredi di Telesio…

«Irene Telesio è depositaria di mille anni di storia di questa città. Ha già donato oggetti preziosi, donerebbe arredi dal palazzo Telesio finalizzati a ricostruire delle “stanze tipo” e ridare così identità interna ai palazzi come nei musei internazionali, dal “Victoria and Albert” di Londra o il “Metropolitan” di New York. Lascerebbe al museo della città documenti e ritratti degli umanisti cosentini, consentendoci di riappropriarci dell’orgoglio dei nostri predecessori rinascimentali: il cardinale Pietro Paolo Parisio, che da ministro di Carlo V fu fautore dell’Europa già mezzo millennio fa; Paolo Bombini, col suo carteggio epistolare con Galileo; Parrasio, fondatore dell’Accademia cosentina; Bernardino Telesio, iniziatore della nuova filosofia rinascimentale. Un’occasione irripetibile, sarebbe una responsabilità immensa privare i cosentini e le generazioni future delle testimonianze della loro storia più alta.

Di recente lei ha donato centinaia di opere a Rende e non più a Cosenza, come mai?

«E’ un’operazione nata da un incidente… o forse non è un caso.  Avevo allestito in degli spazi di Casa delle culture un nucleo di ceramiche antiche di Calabria, l’unica raccolta completa esistente. L’allora dirigente comunale ha stoppato il progetto precludendone il completamento, così ho ritirato le collezioni e ho trovato porte aperte a Rende, dove ci sarà l’unico museo di ceramica di Calabria per lo studio delle nostre componenti storiche e identitarie. Ci siamo sentiti in sincronia con le politiche culturali di Rende, nella sua strategia di  rilancio del Centro storico c’è lo sviluppo di un polo museale da inserire negli itinerari degli operatori turistici per creare nuovo indotto. L’amministrazione di Rende ha messo a disposizione da subito tutto il castello per l’Arte Contemporanea e molti artisti presenti nei massimi musei internazionali hanno aderito al progetto donando opere importantissime. Ma questo non avviene per magia, l’adesione è strettamente legata ad un progetto credibile, preciso, inquadrato: il Comune di Rende ha capito che gli artisti donano all’istituzione per i rapporti personali che hanno con me, da me si aspettano che mi faccia garante e il Comune mi ha dato gli strumenti per farlo, quali la direzione artistica. A Cosenza la cultura rimane ancora una scelta da fare, ma bisogna rivedere i paradigmi: l’impegno dei privati andrebbe riconosciuto e stimolato».

 

Camillo Giuliani

Un pensiero su “Prendi l’arte… gli accordi sono a parte: la denuncia di Bilotti

  1. Spizzirri Osvaldo

    Mi ritorna in mente un adagio dei miei nonni….”Roba du cumuni jettala aru jume” Strano ma vero, forse perchè ancora in Città non ce una cultura collettiva, tranne che per quei pochi addetti ai lavori di cosa sia l’arte. Il M.A.B, meraviglioso percorso di arte e cultura, lasciato a se stesso, all’oblio del tempo, dove l’inciviltà e la sottocultura della maggior parte dei cittadini che lo frequentano, dove dei monumenti ne fanno da sgabello da pattumiera per lasciare sopra i loro rifiuti, da giocattoli dove far giocare i loro pargoli, dove nessuno dice niente e il guaio peggiore dove nessuno sorveglia niente…..Ci si chiede e quel sistema di video sorveglianza costato migliaia di euro a cosa serve……??? Meglio non parlare del Palazzo della Cultura, un parcheggio per nulla facenti degli impiegati comunali……???????

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