Sila, Legambiente all’attacco del Parco e di A2A

Ha fatto parlare molto la conferenza stampa che Legambiente ha tenuto lo scorso 15 giugno a Rende, in occasione della tappa inaugurale di Goletta dei Laghi, campagna nazionale dell’associazione ambientalista per la tutela dei bacini lacustri italiani. In quell’occasione, infatti, l’associazione ambientalista è ritornata sullo svuotamento del lago Ampollino e sulla più generale gestione dei laghi della Sila da parte della multinazionale della multi-utility A2A Spa, proprietaria degli impianti idroelettrici alimentati dai bacini artificiali ricompresi nel perimetro del Parco nazionale della Sila. «Dopo la presentazione del dossier di Legambiente sui laghi silani, il Parco e A2A – dice l’associazione ambientalista – hanno risposto, rispettivamente, al presidente regionale di Legambiente Francesco Falcone e al responsabile nazionale aree protette e biodiversità Antonio Nicoletti. In entrambi i casi, oltre alla casualità di aver mandato le note nello stesso giorno, abbiamo potuto prendere atto che sia il Parco sia A2A, fanno finta di non capire e non chiariscono i fatti accaduti e le responsabilità che li riguardano». «Non provano nemmeno a confutare le nostre tesi – spiegano sia Falcone sia Nicoletti – ma, come una coppia di fatto, si coprono a vicenda rimandando ad altri quelle che sono le rispettive responsabilità. Noi, a differenza del Parco e di A2A, ci siamo concentrati sui fatti accaduti e da questi ripartiamo per ribadire quello che non ci convince». « laghi Arvo e Ampollino – continua Antonio Nicoletti – sono ricompresi nel perimetro del parco nazionale della Sila. Ed è oramai stranoto che qualsiasi attività che si svolga nel Parco, se legittima, deve essere approvata dal Parco stesso. Inoltre, nell’autunno del 2014 A2A ha svuotato il lago Ampollino modificando, sebbene temporaneamente, lo stato dei luoghi ed il paesaggio silano. Di questo evento ci sono prove e testimonianze, e nessuno può dire che si è trattato di una fantasia di qualche ambientalista». Il responsabile nazionale delle aree protette e biodiversità, infine, sottolinea che «A2A ha proceduto allo svuotamento del lago Ampollino senza una regolare autorizzazione. Non esiste nessuna carta, di nessun ente o istituzione che autorizzi la società a procedere allo svuotamento. Se non vi fidate di quanto abbiamo denunciato, si sappia che, in una comunicazione del Corpo Forestale dello Stato alla Procura della Repubblica di Crotone, vengono ricostruiti i fatti accaduti e non c’è riscontro di autorizzazioni per svuotare il lago». Non esente da colpe anche l’ente gestore del Parco, come ribadisce Falcone. «Il Parco nazionale della Sila – spiega il presidente di Legambiente Calabria – ha tenuto in questa vicenda un comportamento ambiguo. Non autorizzare nulla, nonostante il ruolo che si svolge, ed essere contestualmente spettatore inerme di una modifica del paesaggio, non è comprensibile per Legambiente che ha combattuto per avere in Sila un’area protetta, e trova inconcepibile che dentro al Parco si possa svuotare un lago senza che lo stesso dica se si può fare o non si deve fare». In un Parco nazionale tutti, cittadini e operatori, devono rispettare delle regole. Ma in Sila queste regole sembrano non valere per una multinazionale che svuota un lago e modifica il paesaggio. Legambiente si chiede «se il Parco della Sila abbia regole diverse dagli altri, che autorizzano o negano interventi che modificano o manomettono il paesaggio: ma abbiamo scoperto che in tutti i Parchi nazionali gli interventi di modificazione del paesaggio devono essere autorizzati. Preso atto che in Sila, con il riconoscimento di Riserva Mab Unesco, il livello di tutela è anche maggiore che in altre aree protette, abbiamo cominciato ad avere dubbi su come questa tutela nel Parco nazionale della Sila si espliciti e sul perché non si faccia ricorso, in casi del genere, a quanto la legge 394/91 e quella istitutiva del Parco permettono». «Nelle scomposte repliche del Parco e di A2A  – concludono Francesco Falcone e Antonio Nicoletti – ci saremmo aspettati che qualche dubbio venisse chiarito. In realtà ci viene confermato che se una multinazionale decide, motu proprio, di compromettere il territorio, nessuna istituzione, se si esclude il Corpo forestale dello Stato, è in grado di fermarla».

Lascia un commento