La nuova drammaturgia calabrese a convegno

La prima giornata della rassegna “Teatro d’aMare”, realizzata da Libero Teatro e da LaboArt Tropea con la direzione artistica dell’attore e regista Max Mazzotta e quella organizzativa di Maria Grazia Teramo, non ha strappato solo grandi risate con lo spettacolo “Prove Aperte” ma ha restituito ai tropeani e ai calabresi, il bellissimo Monastero delle Clarisse dove si è tenuto il convegno “La Scena e La Scrittura – Autori, testi e tematiche della drammaturgia contemporanea in Calabria”.
Curato dalla docente dell’Università della Basilicata Vincenza Costantinto, il convegno ha preso il via con il saluto del direttore artistico di “Teatro d’aMare” Max Mazzotta, seguito da quello del sindaco di Tropea Giuseppe Rodolico. Dopo il primo cittadino, Giuseppe Carone ha illustrato a convegnisti, compagnie teatrali e pubblico i lavori che hanno interessato e stanno interessando il Monastero delle Clarisse. Il convegno sulla nuova drammaturgia calabrese ha sostanzialmente riaperto l’imponente struttura che potrebbe diventare il tanto atteso museo del mare ma non solo.
Fabio Vincenzi, direttore artistico del Tau – Teatro auditorium dell’Università della Calabria ha chiuso il giro dei saluti sottolineando la propria soddisfazione nell’essere presente in una rassegna teatrale organizzata da Mazzotta e Teramo con i quali ha condiviso un pezzo importante di carriera ai tempi della prestigiosa Accademia d’arte drammatica a Locri.
Al docente dell’Università della Calabria Carlo Fanelli è toccato rompere il ghiaccio per quanto riguarda i relatori, discutendo di “Drammaturgie possibili in Calabria”. Fanelli ha sottolineato lo straordinario lavoro di narrazione fatto dagli autori calabresi presenti nella rassegna che ha fatto della necessità di costruire “piccoli” spettacoli una vera e propria virtù. Ripercorre, il docente, le scritture degli autori degli spettacoli di Teatro d’aMare (Mazzotta per “Prove Aperte” e “Giangurgolo”, La Ruina per “Dissonorata”, Gallo per “Bollari”, Insardà per “Reality shock”, Ciro Lenti per “Mio cognato Mastrovaknic”, Tavano per “Patres” e Orrico per “La mia idea – Memoria di Joe Zangara”, citando inoltre Suriano per il suo “L’Arrobbafumu”).
A Fulvio Librandi, anche lui docente dell’Unical, è toccato il compito di discutere dei testi creando un percorso per immagini con la sua relazione dal tema “Inscritto sul corpo. Su alcune logiche dell’appartenenza teatrale”. Sottolinea Librandi come le compagnie teatrali calabresi condividano fra loro il palco; la platea quando sono spettatori e, purtroppo, sono uniti nella mancanza delle risposte istituzionali.
La curatrice del convegno Vincenza Costantino ha esposto su “Scritture di scena. Forme della drammaturgia nella Calabria di inizio secolo” analizzando come gli ultimi cinque anni siano stati “esplosivi” per gli autori calabresi che scrivono direttamente per il teatro senza passare dalla letteratura. Si sofferma, la Costantino, su come i nuovi spettacoli raccontino sia la Storia che i fatti di cronaca e apprezza il nuovo ruolo della donna che non è più subalterna a quello maschile.
Chiusura per l’atteso intervento su “Spazio/spazi teatrali e calabresità” dell’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani che ha voluto fortemente essere presente al convegno di Teatro d’aMare. Il professore ha spaziato fra passato e presente della scrittura calabrese catturando l’attenzione di tutti i presenti all’interno del Monastero.

foto antonella carchidi

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